RISPONDONO I TEOLOGI...
Il pericolo del pelagianesimo: in cosa consiste?
L’antica eresia di Pelagio, vissuto a Roma nel IV secolo, consiste nel ritenere che l’uomo, pur segnato dal peccato d’origine, con la scelta di adesione a Dio e alla sua parola nella fede si salva con le proprie forze. Così è grazie alle sue scelte libere che si danna. Questa prospettiva pone l’uomo nella situazione di dover attivare delle tecniche ascetiche (in Pelagio anche estreme e radicali) per ottenere la grazia che salva. È un’eresia in quanto e nella misura in cui esclude il carattere di dono gratuito della salvezza. Il pericolo di un tale moralismo ascetico e stoico è sempre presente come tentazione del cristiano e papa Francesco ci mette in guardia, non stancandosi mai di ricordarci la misericordia come nome del Dio di Gesù Cristo, che è venuto a salvare non i giusti, ma i peccatori, quali noi sempre siamo. In particolare, ha detto che l’eresia pelagiana «spinge la Chiesa a non essere umile, disinteressata e beata. E lo fa con l’apparenza di un bene. Il pelagianesimo ci porta ad avere fiducia nelle strutture, nelle organizzazioni, nelle pianificazioni perfette perché astratte. Spesso ci porta pure ad assumere uno stile di controllo, di durezza, di normatività... La dottrina cristiana non è un sistema chiuso... ma è viva, sa inquietare, sa animare. Ha volto non rigido, ha corpo che si muove e si sviluppa, ha carne tenera: la dottrina cristiana si chiama Gesù Cristo».
Come comportarsi con le catene di sant’Antonio
Queste “catene” non hanno nulla da spartire né con la fede cristiana né con i santi. Sono tuttavia vere catene che, come tutte le superstizioni, schiavizzano le persone con la paura. Esse, infatti, non si fondano sulla parola di Dio e la pratica del Vangelo, ma su improbabili forze oscure e vendicative che agirebbero in base al numero e alla materiale esecuzione di alcuni precisi gesti. «La superstizione è la deviazione del sentimento religioso e delle pratiche che esso impone... Può anche presentarsi mascherata sotto il culto che rendiamo al vero Dio, per esempio quando si attribuisce un’importanza in qualche misura magica a certe pratiche, peraltro legittime o necessarie» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 2111). Di fronte a queste proposte che offendono Dio e i santi non si perde tempo e tanto meno ci si fa messaggeri di una religiosità insana e deleteria.
I
l problema è estremamente delicato. La richiesta del gesto di intimità tra sposi deve essere considerata normale per favorire la comunione di vita. Lo ha ribadito ancora ultimamente papa Francesco nell’Amoris laetitia. Non è l’unico gesto, ma è certamente importante, e i coniugi devono esserne consapevoli, anche se nel ricorrervi è necessario tener presente lo stato fisico e psicologico e le modalità richieste sia nell’uomo sia nella donna, che sono diverse. È vero che ci sono infiniti altri gesti di affettuosità, attenzione, disponibilità, cura che servono a dimostrare l’amore che lega due sposi, per cui se si chiede solo il gesto dell’intimità trascurando gli altri diventa difficile pensare che possa esprimere amore e generare amore. Si può invece immaginare che sia una forma di piacevolezza egoistica a cui non si vuole rispondere. Ma escluderlo a priori come gesto che dopo una certa età non appartiene più alla vita dei coniugi è sbagliato.
In che senso si dice che Dio è onnipotente?
Testimoni di Geova e preghiera interreligiosa
Cos’è la necessità di cui parlano le Scritture?
È normale coprire il pane eucaristico durante la messa?
Dio non può volere la morte, ma solo la vita, perché non può compiere il male, ma solo il bene delle sue creature. La morte atroce di Gesù di Nazaret è stata causata dall’ingiustizia degli uomini e dalla violenza perpetrata, come in tantissime altre occasioni, nei confronti di un profeta scomodo da parte del potere religioso e politico del suo tempo. Pertanto Gesù non ci salva perché soffre e muore in croce (circostanze derivanti dal contesto di peccato in cui il mondo versa), bensì per il dono libero della sua volontà nella mani del Padre. Ed è la sua libertà libera a redimere la nostra natura inferma e a liberare la nostra stessa libertà, sempre condizionata e limitata e più propensa al male che al bene. Il Padre ha accolto il dono del Figlio e lo ha risuscitato dai morti, sicché la morte non ha più potere su di lui e non avrà più potere su di noi, in quanto chiamati a condividere la stessa sorte del nostro salvatore.