XXI del tempo ordinario: Gesù, Pietro e la Chiesa
“Cristo si, Chiesa no” è uno slogan che andava di moda qualche anno fa per rivendicare una fede personale in Gesù, sganciata dall’istituzione della Chiesa vista come illiberale, retrograda, potente e ricca. Gesù si, ma chi è Gesù per la gente? Un rivoluzionario? Una sorta di Che Guevara antilitteram? Un difensore dell’ortodossia?
Di Gesù ognuno ha dato una lettura personale, ma quale è quella vera? Spesso lo si tira per la giacca per sentirsi confermati nelle proprie posizioni, dei Vangeli si scelgono gli aspetti più comodi, sorvolando su quelli che ci mettono in discussione.
Ma se, come Pietro, credo che Gesù è “il Cristo, il Figlio del Dio vivente”, coerenza vuole che credo nelle sue parole e nelle sue azioni: tra queste c’è il fatto che è stato Gesù a volere e dare inizio alla Chiesa (= comunità convocata/radunata nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito santo). E’ Lui che ha scelto, nel numeroso gruppo dei discepoli (= uomini e donne che lo seguivano) 12 uomini (non i perfetti, non necessariamente i “migliori”) perché fossero i suoi Apostoli (= inviati), 12 come le tribù che formavano Israele, ad indicare la volontà di istituire un nuovo Israele a partire dal precedente (dal “resto” dei fedeli).
E’ Lui che ha eletto Pietro come capo, nonostante i suoi limiti e difetti che i Vangeli non nascondono. In Lui ha riconosciuto una scelta del Padre, una conoscenza divina che gli era stata donata. Lui sarebbe stato la pietra, il fondamento, il punto di riferimento della comunità nascente.
Pietro riceve le chiavi: può aprire o chiudere il Regno dei cieli (un potere che è soprattutto una responsabilità: aprire= rendere accessibile, chiudere= custodire, difendere), ma è una apertura che significa legare o sciogliere: aiutare a creare legami/relazioni con Dio, sciogliere/liberare dalle catene che schiavizzano la gente: questo è il ruolo di Pietro e della Chiesa che Pietro guida ancora per mezzo del suo successore, papa Francesco.
"Le potenze degli inferi non prevarranno su di essa": le forze del male non possono vincere!
Un’altra indicazione che mi piace mettere in evidenza: Gesù inizia questo celebre dialogo ponendo domande che sembrano un sondaggio d’opinione (“Chi dice la gente che io sia?”). Le risposte sono lusinghiere (“un profeta del passato che è tornato in vita”), ma non sufficienti: “MA voi chi dite che io sia?”. Non ci si può accontentare del sentito dire: Gesù ci chiede di avere con lui un rapporto personale, intimo: “Chi sono io per te?”, “Quanto conto nella tua vita?”
Poter dire: “Tu sei il Figlio del Dio vivente”, non deve essere una definizione, ma significa riconoscerlo vivo e vivificante: “tu sei il Vivente. Sei grembo gravido di vita, fontana da cui la vita sgorga potente, inesauribile e illimitata, sorgente della vita” (E. Ronchi).