La Resurrezione di Gesù. Un fatto vero!
Vedi anche: "Commoventi fatti storici sulla Resurrezione di Gesù" di Antonio Socci (pubblicato su Libero il 16 aprile 2017)
Dalla Circolare n.90 dei Cavalieri della Verità
Dalla Circolare n.90 dei Cavalieri della Verità
Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giornoIntroduzione
secondo le Scritture, e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici.
In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta
(1 Corinti 15,3-6)
La Resurrezione è un mistero centrale della nostra
fede; senza di essa il Cristianesimo non avrebbe senso. San Paolo lo dice
chiaramente: “(...) se Cristo non è resuscitato, allora è
vana la nostra predicazione ed è vana anche la nostra fede” (1Corinti
15,14).
Il Cristianesimo è vera risposta alle esigenze
dell’uomo, in quanto è risposta e soluzione al male, alla sofferenza, alla
morte; ed è risposta alla morte, perché Gesù, il Dio fattosi uomo, è risorto.
Se il Cristianesimo si arrestasse alla Croce, si
ridurrebbe ad un’opinione e ad una dottrina filosofica. Ma il Cristianesimo non
è questo perché, attraverso la Resurrezione, è la Verità che manifesta la sua
potenza di Vita.
E’ giusto
indagare sulla credibilità della Resurrezione
Il Cristianesimo è costituito da verità “naturali” e
da verità “rivelate”.
Le prime (esistenza di Dio, conoscibilità delle Sue
caratteristiche, ecc.) sono conoscibili e dimostrabili autonomamente dall’uomo,
grazie all’uso della ragione. Le seconde (Trinità, Incarnazione, Resurrezione,
ecc.), invece, sono indimostrabili e hanno bisogno di un assenso di fede; ma la
fede che il Signore ci chiede non è una fede cieca, acritica. La Fede cattolica
è assenso dell’intelletto alle verità rivelate.
Per questo, le verità “rivelate”, pur non essendo
oggetto di dimostrazione razionale, sono comunque oggetto di “credibilità”. In
esse confluiscono tutta una serie di fattori razionali che le rendono
“credibili”.
La Resurrezione è una di queste verità “rivelate”,
dunque è possibile ed è doveroso indagarne la credibilità.
Motivi generali e specifici
di credibilità
della Resurrezione
I motivi generali di credibilità
della Resurrezione possono ridursi a quattro:
1. Rapidissima
diffusione del Cristianesimo.
2. Conversioni
al Cristianesimo, malgrado le persecuzioni.
3. I
testimoni della Resurrezione accettano il martirio.
4. La
storicità della tomba vuota.
I motivi specifici di credibilità
sono invece relativi alle tre più famose ipotesi critiche sulla Resurrezione:
1. Ipotesi
sincretista.
2. Ipotesi
del trafugamento del corpo.
3. Ipotesi
dell’allucinazione.
1° motivo
generale di credibilità
Rapidissima
diffusione del Cristianesimo
Un elemento di credibilità del Cristianesimo, e quindi
della stessa Resurrezione, è la sua rapidissima diffusione.
Alcuni hanno affermato che tale diffusione sia stata
dovuta al fascino della dottrina di Cristo. Ciò è sicuramente vero, ma non può
essere l’unica spiegazione. Il Giudaismo, con il suo monoteismo, con la sua
attenzione alla dignità della persona umana, con il suo sostenere l’uguaglianza
di tutti davanti a Dio, non era poi dottrinalmente tanto diverso dal
Cristianesimo. Cristo, infatti, non si oppose alla Legge, ma
all’interpretazione della Legge. Possiamo dunque chiederci: come mai il
Giudaismo, nei secoli precedenti, non ebbe la stessa universale diffusione del
Cristianesimo? La risposta è fin troppo semplice: oltre alla prospettiva non
universalista del Giudaismo, l’elemento determinante della rapida diffusione
del Cristianesimo non è tanto dottrinale, quanto relativo alla testimonianza di
due avvenimenti peculiari che il Giudaismo non aveva: l’Incarnazione e la
Resurrezione.
2° motivo
generale di credibilità
Conversioni al
Cristianesimo, malgrado le persecuzioni
Teniamo presente la situazione religiosa della
Palestina del tempo: coloro che decidevano di divenire cristiani, sapevano di
rischiare la vita. Le persecuzioni contro i cristiani non iniziarono solo a
Roma intorno al 60 (sotto l’impero di Nerone), ma già in Palestina
immediatamente dopo la Pentecoste, e ad organizzarle saranno gli stessi che
avevano messo a morte a Gesù. La lapidazione di Santo Stefano (primo martire
cristiano) avverrà nei primi tempi dell’attività apostolica. Lo stesso San
Paolo, prima di ricevere la visione del Signore sulla via di Damasco, era un
convinto persecutore dei seguaci di Cristo.
Immedesimiamoci negli uomini del tempo: avremmo
richiesto, sapendo che accettare il Cristianesimo significava con molta
probabilità morire, prove della veridicità della dottrina propostaci? Come ci
narrano gli Atti degli Apostoli, ciò che spinse molti ad accettare il
Cristianesimo furono i miracoli che gli Apostoli iniziarono a compiere in gran
quantità proprio per dimostrare l’autenticità di ciò che predicavano. Pietro,
dopo aver guarito lo storpio seduto presso la Porta cosiddetta “Bella”, dice
alla gente meravigliata del miracolo: “Uomini d’Israele, perché
vi meravigliate di questo e continuate a fissarci come se per nostro potere e
nostra pietà avessimo fatto camminare quest’uomo? Il Dio di Abramo, di Isacco e
di Giacobbe, il Dio dei nostri padri ha glorificato il suo servo Gesù, che voi
avete consegnato e rinnegato di fronte a Pilato (...). Ma Dio
l’ha resuscitato dai morti e di questo noi siamo testimoni, proprio per la fede
riposta in lui il nome di Gesù ha dato vigore a quest’uomo che voi vedete e conoscete;
la fede in lui ha dato a quest’uomo la perfetta guarigione alla presenza di
tutti voi” (Atti 3,12-16).
3° motivo
generale di credibilità
Gli stessi
testimoni della Resurrezione accettano il martirio
Gli Apostoli non possono non predicare Cristo risorto.
Quando Pietro e Giovanni vengono condotti dinanzi al Sinedrio, all’ordine di
non dover predicare rispondono così: “Non possiamo non parlare di
queste cose che abbiamo visto e udito” (Atti 4,19). E per queste cose
che hanno “visto e udito”gli Apostoli accetteranno anche il
martirio. Pascal, a tal proposito, dice di credere volentieri quei fatti i cui
testimoni si fanno sgozzare.
Qualcuno, però, potrebbe obiettare: ma la storia
conosce tanti uomini che hanno saputo sacrificare la loro vita per un ideale,
anche per un ideale errato (si pensi ai terroristi). Dunque, non basta il
martirio o l’accettazione del sacrificio per dimostrare vero il motivo per cui
si decide di morire o di sacrificarsi. Giustissimo. Ma il caso degli Apostoli è
completamente diverso. Essi non accettano la morte per una semplice dottrina o
per un semplice ideale. Accettano il martirio per un fatto che hanno “visto
e udito”, perché hanno incontrato il Signore che ha vinto la morte. Il
terrorista accetta la morte per la difesa di un’idea, credendo fermamente in
questa idea, non sospettando minimamente della sua possibile falsità. Gli
Apostoli, invece, se avessero “inventato” la Resurrezione di Gesù, sarebbero
stati senz’altro consapevoli di dover morire per una menzogna, per una banale
invenzione. Ma è umanamente credibile che tanti uomini accettino la morte per
una cosa che essi sanno essere non vera?
Inoltre, gli Apostoli hanno dimostrato chiaramente di
non avere coraggio di sacrificarsi per un ideale: con la cattura di Gesù,
ebbero timore e codardamente scapparono.
4° motivo
generale di credibilità
E’ sicuramente
storico il ritrovamento della tomba vuota
Stando ai Vangeli, i primi testimoni del ritrovamento
della tomba vuota sono state delle donne. Si tenga presente che in quel tempo
la donna non era ritenuta un testimone giuridicamente attendibile. Pertanto, se
gli evangelisti avessero voluto scrivere una falsità, allora (bugia per bugia)
tanto valeva dire che erano stati degli uomini a trovare per primi la tomba
vuota. Il fatto che gli evangelisti dicano che sono state delle donne, dimostra
il loro intento di essere sinceri, di voler rimanere fedeli alla realtà dei
fatti.
1° motivo
specifico di credibilità
Falsità
dell’ipotesi sincretista
Di questa ipotesi si sono fatti sostenitori alcuni
storici della religione come Reinach, Zimmern, Gunkel e Petazzoni.
L’ipotesi afferma che la Resurrezione di Gesù
deriverebbe dall’influsso di miti ellenistici, che narravano di alcuni déi
morti e poi risorti, miti presenti in alcune religioni misteriosofiche molto
diffuse in quel tempo in Oriente. Grazie a questo influsso, i primi fedeli in
Cristo avrebbero mitizzato la morte di colui che veneravano, fantasticandone
una resurrezione.
Come rispondere a questa ipotesi?
Prima di tutto va detto che l’idea di un dio morto e
resuscitato non esiste in nessuna mitologia. Dice Arialdo Beni: “Nei
miti si trovano simboli vaporosi e vagamente umanizzati di fecondità della
terra, di forze morali nel gran dramma della vita feconda; ma se non se ne
trova uno in cui ci sia dato di vedere un dio che si affanna per espiare i
delitti dell’umanità, non uno che ci offra un’autentica risurrezione. Anche a
disturbare Dioniso, Osiride, Attis, Adone, nulla di ciò appare” (Teologia
fondamentale, Firenze 1980, p.272).
Inoltre va detto che dei semplici pescatori non potevano
essere a conoscenza di questi miti. Gli Apostoli non solo erano semplici e
ignoranti pescatori, ma, da Giudei, avevano in orrore tutto ciò che sapeva di
paganesimo. Si potrebbe obiettare: gli Apostoli successivamente vennero a
contatto con il mondo ellenistico. Ma anche questa obiezione non regge, perché
se è vero che per esigenze di predicazione gli Apostoli vennero a contatto con
la cultura ellenistica, è pur vero che quando essi conobbero tale cultura già
predicavano la Resurrezione.
2° motivo specifico
di credibilità
Falsità
dell’ipotesi del trafugamento del corpo
Di questa ipotesi si è fatto sostenitore il Reimarus,
filosofo illuminista tedesco. L’ipotesi afferma che gli Apostoli, delusi dalla
fine di Gesù e per rifarsi dinanzi alla gente, decisero di trafugare il corpo
del Maestro, nasconderlo e diffondere la voce di una sua resurrezione.
Prima di tutto va detto che per spacciare Gesù come
messia non era necessario farlo “resuscitare”. L’Antico Testamento parla di un
messia che dovrà venire, ma non dice che sarebbe dovuto risorgere. Se la
Resurrezione fosse stata condizione necessaria e sufficiente per essere messia,
allora sì che potrebbe essere compresa una tale ipotesi.
Secondo: gli Apostoli erano fuggiti durante la
Passione, come possono in poche ore essere cambiati tanto? Come si sono
potuti trasformare in poco tempo da codardi in coraggiosi? Coraggiosi, perché,
in quel tempo, se si era scoperti a trafugare un cadavere si veniva condannati
a morte. Le leggi romane, in tal senso, erano rigorosissime. Un rescritto
imperiale, forse di Augusto, forse Tiberio, o più probabilmente di Claudio,
inciso, in lingua greca, su una stele, proveniente a quanto pare da Nazareth, e
reso pubblico nel 1930, afferma: “E’ assolutamente vietato a chiunque
rimuovere i cadaveri. E io voglio che se uno si rende colpevole di tal cosa lo
si condanni a morte per violazione di sepoltura.”
Si potrebbe obiettare: e se i discepoli di
Cristo lo hanno fatto proprio per riscattarsi del loro atteggiamento codardo
assunto nel momento della cattura di Gesù? Questa obiezione non regge.
Riscattare un atteggiamento codardo con un atteggiamento coraggioso è un gesto
nobile, ma come può un gesto nobile conciliarsi con un gesto così poco nobile
come quello di andare a trafugare un cadavere ed ideare una menzogna?
Terzo: se così fosse, perché non furono mai condannati
per questo ma per altro? L’accusa di trafugamento fu inizialmente espressa dai
Farisei, ma poi venne abbandonata perché non riuscirono mai a provarla. In
seguito, gli Apostoli verranno giudicati solo per aver diffuso delle dottrine
non in accordo con la tradizione mosaica.
Quarto: per trafugare il corpo di Gesù sarebbero
servite diverse persone; come mai poi nessuno, tra i supplizi più atroci, ha
ceduto e svelato l’inganno? Si potrebbe obiettare: e se i discepoli pensarono: continuiamo
a mentire tanto saremo condannati ugualmente. Questa obiezione non regge:
non è psicologicamente credibile che i discepoli abbiano potuto pensare ad una
cosa del genere, in quanto i farisei non li accusavano più di aver trafugato il
corpo, volevano solo che essi rinunciassero alla predicazione. I discepoli
avrebbero potuto senz’altro fare questo ragionamento: Non confessiamo
di aver trafugato il corpo, rinunciamo solo a predicare, perché morire per una
menzogna non ha assolutamente senso.
All’interno di questa ipotesi del trafugamento del
corpo si potrebbe fare un’altra obiezione: e se a trafugare il corpo di Gesù
fossero stati i farisei? Verrebbe da rispondere: a che scopo? Non c’è logica! E
se così fosse, perché i farisei non hanno mostrato il cadavere di Gesù a tutti,
proprio quando il racconto della resurrezione riscuoteva sempre più successo?
3° motivo specifico
di credibilità
Falsità
dell’ipotesi dell’allucinazione
Di questa ipotesi si sono fatti sostenitori lo
scrittore francese Renan e lo storico italiano Omodeo.
Secondo questa ipotesi, i testimoni della Resurrezione
di Gesù sarebbero stati vittima di un’allucinazione, cioè hanno creduto di
vedere Cristo risorto, ma in realtà non hanno visto nulla.
Attenzione però: se i testimoni sono in buona fede,
vuol dire che anche i vangeli sono sinceri. Questa considerazione è importante
e tra poco vedremo perché.
Va detto prima di tutto che negli Apostoli non si
riscontrano elementi che potrebbero predisporre ad un’allucinazione.
L’allucinazione è un’immagine della fantasia che viene scambiata per una
percezione reale, ovverosia è una percezione senza oggetto. Fenomeni del genere
sono possibili. Forse in piccole proporzioni si sono verificati anche nella
vita di ognuno di noi (dormiveglia, febbre alta, tensione psicologica). Però,
per verificarsi in grande stile, in maniera permanente ed invincibile,
l’allucinazione ha bisogno di condizioni particolari che non si riscontrano per
nulla nei testimoni del Vangelo. Ci vogliono dei soggetti anormali,
psicopatici; e ci vuole soprattutto una loro preparazione fatta di “fede”, di
“attesa” e di suggestione. E’ necessario cioè che l’allucinato abbia in sé,
nella sua fantasia, quello che poi, proiettato all’esterno, egli crederà di
vedere e sentire fuori di sé.
Nel caso delle apparizioni di Gesù abbiamo tutto
l’opposto di quello che si verifica nei fenomeni allucinativi. I testimoni
della Resurrezione sono più di cinquecento (cfr. 1Corinti 15,16). Come si può
pensare che tutti fossero psicopatici? Di fatto, sappiamo che gli Apostoli,
tutt’altro che isterici, erano persone abituate a fare i pescatori. Erano
persone sane, robuste, estremamente realiste; pensavano a chi nel “Regno”
avrebbe occupato i primi posti; si preoccupavano di chi poi potesse assumere la
funzione di capo; non esitavano a domandare a Gesù che cosa sarebbe stato dato
loro in cambio se l’avessero seguito.
Inoltre nel fenomeno allucinativo si riconosce
l’immagine; i testimoni della Resurrezione, invece, non riconoscono subito
Gesù. L’allucinazione è una creazione della propria psiche. Se ho sete e penso
all’acqua, posso avere l’allucinazione dell’acqua e riconoscerò senz’altro
questa allucinazione come acqua, perché essa è una mia creazione. Come allora
si spiega che i discepoli quando vedevano Gesù risorto, non lo riconoscevano
immediatamente? I due discepoli di Emmaus riconoscono Gesù solo allo
spezzare del pane.
Va detto ancora che il fenomeno allucinativo ha
bisogno di un’attesa spasmodica, di una tensione psicologica; e
invece i testimoni della Resurrezione non pensavano affatto alla Resurrezione.
I discepoli avrebbero dovuto pensare continuamente alla possibilità di una
resurrezione, crearla nella loro fantasia, aspettarla con ansia; invece
regnavano in loro il dubbio e lo sconforto. Prima della morte di Gesù non
capivano nulla dei suoi continui annunci della futura Resurrezione. Se avessero
capito, i discepoli non avrebbero tenuto l’atteggiamento pavido che tennero
durante la Passione. Essi, non solo a suo tempo non compresero, ma non si
ricordarono di nulla nel momento in cui ricevettero l’annuncio della
Resurrezione dalle donne. Tanto è vero che quando queste si recarono da loro e
dissero quello che dissero, gli Apostoli le presero per pazze: “Quelle
parole parvero loro come un vaneggiamento e non credettero ad esse” (Luca
24,11). Né migliore accoglienza toccò alla Maddalena: “Risuscitato al
mattino nel primo giorno dopo il Sabato, apparve prima a Maria di Magdala,
dalla quale aveva cacciato sette demoni. Questa andò ad annunziarlo ai suoi
seguaci che erano in lutto e in pianto. Ma essi, udito che era vivo ed era
stato visto da lei, non vollero credere” (Marco 16,9-11). I due
discepoli di Emmaus confessano tutta la loro sfiducia, allorché commentano: “(Speravamo) che
Egli avrebbe redento Israele” (Luca 24,21-23). Tanto i discepoli erano
sfiduciati ed increduli che non volevano credere neanche quando Gesù apparve
loro nel Cenacolo: credevano di vedere un fantasma e non si persuasero se non
dopo che lo toccarono e mangiarono insieme a lui. Tommaso, però, che era
assente, non ci fu verso di farlo persuaso: “Se non vedrò da me...e non
metterò la mano nel suo costato, non crederò” (Luca 24,37). Perfino le
donne erano incredule allorché al mattino della domenica si erano recati al
sepolcro per completare la preparazione alla salma. L’unico pensiero che hanno
è questo: “chi ci leverà la pietra alla bocca del monumento” (Giovanni
20,15). La Maddalena stessa, quando trova il sepolcro vuoto, non pensa per
nulla alla resurrezione, ma ad un furto. E ad uno che è lì e sembra un ortolano
chiede: “ (...) se l’hai portato via tu, dimmi dove
l’hai messo ed io lo andrò a prendere” (Marco 16,3).
E poi –altra considerazione- se gli Apostoli e i
discepoli avessero pensato alla Resurrezione, non avrebbero preparato la salma
per la sepoltura. E invece la si preparò accuratamente, avvolsero la salma
nella sindone, legandola con bende e cospargendola di aromi: “(Giuseppe
d’Arimatea), comprato un lenzuolo, lo calò giù dalla croce e, avvoltolo nel
lenzuolo, lo depose in un sepolcro scavato nella roccia” (Marco
15,46).
E come trascurare il fatto che il Risorto viene visto
da molte persone per quaranta giorni e poi non più; e sempre nelle stesse
circostanze, mai durante una situazione straordinaria e durante il sonno, ma
nella loro vita normale, nel medesimo istante, per la stessa durata, allo
stesso modo. Con tali soggetti, con simili effetti, l’allucinazione è un
assurdo.
E poi rimarrebbe da spiegare il cibo realmente
consumato dal Risorto: “(Mentre gli Apostoli) parlavano
apparve in mezzo a loro e disse. ‘Pace a voi!’. Stupiti e spaventati credevano
di vedere un fantasma. Ma egli disse: ‘Perché siete turbati, e perché sorgono
dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io!
Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne ed ossa come vedete che io ho’.
Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi, ma poiché per la grande gioia
ancora non credevano ed erano stupefatti, disse: ‘avete qui qualcosa da
mangiare?’ Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo
mangiò davanti a loro” (Luca 24,36-43). Un’allucinazione può farsi
toccare?
Conclusione
Le ipotesi che abbiamo fin qui dette si escludono a
vicenda: quella del “trafugamento” non regge perché i testimoni della Resurrezione
arriveranno a farsi ammazzare e non è credibile che chi sa di mentire si faccia
uccidere per una menzogna.
Ma non è credibile nemmeno quella dell’allucinazione
perché in questo caso i Vangeli sono in buona fede, essendo in buona fede i
testimoni della Resurrezione. E se i Vangeli dicono la verità, come è possibile
che un’allucinazione consumi il cibo e si faccia toccare?
Inoltre, se fosse stata un’allucinazione, bastava
prendere quei visionari, portarli al Sepolcro e far loro toccare con mano che cosa
era avvenuto del presunto “risorto”.
Piuttosto
chiediamoci: occorre più fede nel credere che Cristo sia davvero risorto o nel
credere che nulla sia avvenuto? Se siamo onesti, se siamo attenti alla realtà
delle cose, non possiamo che ritenere che occorre più fede per la seconda
ipotesi, perché se la Resurrezione non fosse vera, si sarebbero dovute
verificare coincidenze assolutamente impossibili.