Omelia per la XVIII domenica (anno C): "INSEGNACI A PREGARE"
Dopo
gli insegnamenti sull’amore al prossimo (parabola del buon Samaritano) e sull’accoglienza
(con Marta e Maria e la “parte migliore” che non le sarà tolta), Luca prosegue
il suo Vangelo con un insegnamento sulla preghiera.
I
suoi discepoli lo vedono ancora una volta pregare e gli chiedono “Insegna anche
a noi a pregare”. Anche noi abbiamo un Maestro e di fronte alle nostre difficoltà
a pregare possiamo chiedere a Lui di insegnarci a pregare con la confidenza
filiale di chi chiama Dio Papà (Abbà, espressione affettuosa che non viene resa
da “Padre”) e cerca momenti di intimità con Lui per attingervi la forza e la
luce per agire nel modo migliore.
Prima
di Gesù è stato Abramo, amico di Dio, il modello dell’orante e dell’intercessore.
Anche la sua è una preghiera audace, confidente e insistente. È convinto che in
Dio possa pesare più il bene di pochi di fronte al male di molti degli abitanti
di Sodoma e Gomorra e inizia una sorta di trattativa con Dio che ha minacciato
di distruggere le città per estinguere il male che hanno compiuto. Ma il problema
è che, alla fine, non trova neanche una persona buona: tutti sono coinvolti dal
male.
Sarà
Dio stesso a mandare un Giusto, suo Figlio, perché ci salvi dal male e ci
insegni a fare il bene. E che ci rimanda a Dio, Padre buono che non può negarci
ciò di cui abbiamo veramente bisogno: il suo Spirito santo.
Gesù
insegna ai suoi e a noi, in una versione più breve, la preghiera del Padre (Nostro).
In realtà, più che di una formula per pregare Gesù insegna uno stile di
preghiera: ci invita a rivolgerci come figli a Dio, chiamandolo anche noi “Abbà”,
con confidenza, fiducia, abbandono filiale. Riduce le 7 richieste matteane a 6:
le prime due perché si realizzi in noi il suo progetto d’amore (chiedendo che sia accolto, benedetto e amato da tutti; che
regni nei nostri cuori; che si realizzi la sua volontà di bene):
1.
Sia santificato il tuo nome
2.
Venga il tuo regno
E
poi perché ci doni ciò di cui abbiamo veramente bisogno (che ci doni il
sostegno spirituale e materiale di cui abbiamo bisogno oggi; che ci perdoni e
ci renda capaci di perdonare; che non ci abbandoni nella tentazione e ci liberi
da ogni male):
3.
Dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano
4.
Perdona i nostri peccati
5.
(Affinché) anche noi perdoniamo a ogni
nostro debitore
6.
E non abbandonarci alla tentazione.
Una
prima parte verticale (“tu”) e poi una orizzontale (“noi”): prima si adora, si loda
e poi si chiede di sostenere la nostra esistenza (di tutti).
La
parabola che segue ricorda che la nostra preghiera deve essere come rivolta ad
un amico a cui possiamo “rompere le scatole” in ogni momento di bisogno. Con la
certezza fiduciosa nell’esaudimento (“Se dunque voi, che siete cattivi, sapete
dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo
Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!»). Non offre soluzioni a buon
mercato come fosse un mago che opera una magia, ma ci dona la forza, l’inventiva,
il coraggio per affrontare con Lui ogni situazione la vita ci presenti davanti.
Non toglie la responsabilità e la libertà, ma non ci lascia soli. Come un buon
padre ci invita ad essere audaci, a non perderci d’animo, ad affidarci con
fiducia. Sant'Ignazio di Loyola amava ripetere: “Prega
come se tutto dipendesse da Dio e agisci come se tutto dipendesse da te”.
Ebbene
io vi dico: Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà
aperto. Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a chi bussa sarà
aperto.