Novena di Natale e "ferie" di Avvento
Da lunedì 16 dicembre inizia la Novena di Natale, mentre dal 17 dicembre iniziano i giorni della "Feria" di Avvento.
Per la Novena c'è quella proposta dalla Diocesi di Novara, dalla Conferenza episcopale pugliese, uno schema classico, le riflessioni di Rosarionline,
Cosa sono le "Ferie"?
Durante i tempi "forti", ovvero l'Avvento, il tempo di Natale, la Quaresima e il tempo di Pasqua, il messale propone i testi eucologici per ogni giorno feriale:
Ferie di Avvento: dal 17 al 24 dicembre
17 dicembre: Gn 49, 2.8-10; sal 71; Mt 1,17
Siamo vicini al Natale,
e la Liturgia della Parola ci introduce nel mistero del Dio che si fa carne per
noi e per la nostra salvezza. L’odierno messaggio ci invita a riflettere sul
riconoscimento di Cristo.
Per far ciò, sembra che
le letture partano … dal principio. Già la prima, della Genesi (il 1° libro
della Bibbia), inizio delle benedizioni di Giacobbe, rivelano la certezza che
Giuda avrà lo scettro del regno fino a quando non dovrà cederlo a colui a cui
tutti i popoli dovranno obbedienza.
Il re a cui tutte le
nazioni presteranno obbedienza è presentato da Matteo: ci si aspetterebbe un
inizio solenne, una albero genealogico di tutto rispetto, invece l’inizio del
Vangelo di Matteo, con tutta quella serie di nomi strani, ha lo scopo di presentarci
già nella successione generazionale il Dio che non rispetta i nostri limitati
schemi mentali. Gesù nasce da discendenza comune, con la menzione di alcune
donne, fatto inaccettabile presso gli ebrei e tutti i popoli antichi, con
antenati al limite dello scandalo se si conosce un po’ di Antico Testamento.
Ecco il mistero del Natale nelle sue origini: Dio condivide la nostra natura,
ma prima di essa condivide una genealogia comune, fatta anche di antenati non
proprio integerrimi dal punto di vista morale.
Il nostro primo sguardo
sul Natale non è dunque “glorioso”: Dio sceglie ancora una volta di stupirci,
ma ci insegna soprattutto a guardare noi stessi con i suoi stessi occhi di
bambino, che accoglie ogni nostra debolezza, anche passata, per redimerla totalmente.
La liturgia di questi
giorni ci aiuta a comprendere il mistero del Natale di Gesù per poterlo
accogliere degnamente. Oggi la Parola ci invita a riflettere sulla giustizia
divina.
La prima lettura,
tratta dal cap. 23 di Geremia, è un monito severo contro le indegne guide
spirituali di Israele (versetti precedenti) cui segue un brano sul genere del
“messianismo regale” (i versetti che abbiamo ascoltato), nei quali il profeta
collega la salvezza divina alla dinastia di Davide, confermata ma nello stesso
tempo superata per un intervento speciale di Dio stesso. Il “germoglio” di cui
si parla riunirà finalmente tutto il regno di Israele e realizzerà nella sua
persona la giustizia divina. Il suo nome ha un significato anche polemico.
Contro il re del tempo, Sedecia (Signore mia giustizia), il nuovo re sarà
“Signore nostra giustizia”, per indicare che la vera giustizia non è opera (o
capriccio) di un sovrano terreno, ma dono di Dio, che la assicura per ogni suo
fedele, di qualsiasi regno e di qualsiasi razza.
Alla luce di quanto
detto, sembra strano vedere nel brano evangelico che la prima giustizia divina
sembri in realtà una profonda … ingiustizia, in quanto Maria è incinta senza
l’intervento di Giuseppe. Questi, per non esporre Maria alla lapidazione (era questa
la condanna per chi commetteva adulterio – cf. Gv 8), la licenzia in segreto,
per preservarla. Solo Dio, attraverso un angelo in sogno, spiegherà a Giuseppe
che sta partecipando a un suo intervento diretto, dovuto all’azione del suo
Spirito. Giuseppe è chiamato a partecipare fidandosi completamente, come Maria,
di Dio.
Accogliere il Natale
significa anche e soprattutto questo: fidarci dell’azione dello Spirito di Dio,
che magari scombussola i nostri progetti ma permette a Dio di manifestare la
sua opera e a noi di compiere opere ben più grandi dei nostri limitati progetti.
19
dicembre: Gdc 13, 2-7.24; sal 70; Lc 1,5-25
Comprendere il Natale
significa accoglierlo. Nello stesso tempo, ci ricordano le odierne letture,
significa anche riconoscere che Dio rende feconda la nostra fede e, di
conseguenza, la nostra esistenza.
Nella prima lettura
abbiamo ascoltato il brano tratto dal libro dei Giudici nel quale si narra
della nascita di Sansone. Manoach e sua moglie, due persone profondamente
religiose, non avevano avuto figli. Il Signore manifesta, tramite l’azione di
un angelo, la sua opera, permettendo alla moglie di Manoach di concepire un suo
consacrato. Il verbo ebraico n a z i r, che significa “consacrazione
mediante astinenza”, evidenzia l’azione di Dio sulla madre e sul nascituro.
Tale genere letterario,
detto nella Scrittura “dell’annunciazione”, da il titolo al brano evangelico
che abbiamo ascoltato. Il concepimento di Giovanni avviene che l’angelo
annuncia a Zaccaria che Dio ha esaudito il desiderio suo e di Elisabetta, la
quale partorirà un figlio nonostante tutti ormai la ritenevano sterile.
Questi due brani
rappresentano un forte messaggio per la nostra vita, come detto all’inizio.
Quando crediamo di poter agire senza Dio, magari possiamo anche sperimentare
qualche successo iniziale, ma finiamo inevitabilmente nella sterilità, o nella
aridità del cuore. Quando permettiamo a Dio di agire nella nostra vita,
operando secondo la sua volontà, riusciamo a esprimere “fecondità” nei rapporti
verso il prossimo.
Accogliere Gesù
significa permettergli di guidare il nostro cuore: così facendo, potremo
portare al mondo intero la ricchezza che Dio è venuto ad annunciare.
L’odierna liturgia apre
il nostro cuore sull’accoglienza di Dio nella fede.
Nella prima lettura,
Isaia si rivolge al re chiedendogli di rivolgersi a Dio per ottenere un segno.
Al rifiuto del re, dovuto non al timore di Dio ma all’incredulità che un Dio
possa intervenire nella vita e nella storia di un regno terreno, Isaia profetizza
e parla di una vergine che partorirà un
figlio, l’Emanuele, il Dio – con – noi.
Questo segno divino
diviene realtà nell’annunciazione a Maria, che oggi abbiamo ascoltato. A
differenza del re, la fanciulla di Nazareth, dopo una iniziale (e motivata)
titubanza, offre se stessa a Dio per permettere di compiere la sua opera. Il
creatore del mondo, l’Assoluto, l’Onnipotente, si rivolge a una ragazzina di
una contrada sperduta di Israele! Questo brano fa ben comprendere come Dio ci
sceglie non per l’appartenenza sociale, ma per la disponibilità del nostro
cuore ad accogliere il suo disegno, anche se ci sembra irrealizzabile. Per far
questo, ha bisogno della nostra totale fiducia e disponibilità. È normale che
ciascuno di noi abbia qualche dubbio iniziale, come fu per Maria, ma la
differenza sta nella risposta, che abbandona gli schemi umani per fidarsi
completamente di Colui che tutto può.
Il Signore ci permetta
di comprendere nella fede il Natale: nel bambino che si fa carne in una dimora
povera e improvvisata, sapremo riconoscere quel Dio talmente amorevole con
l’umanità da mettersi nelle nostre mani.
21
dicembre: Ct 2,8-14 opp. Sof 3,14-18a; sal 32; Lc 1,39-45
Contemplare il mistero
del Natale significa accogliere Gesù, con sentimenti di tenerezza, di amore.
Sembra questo il messaggio delle letture odierne. La scelta è fra il brano del
Cantico dei Cantici, nel quale si evidenzia l’amore passionale che Dio nutre
per il suo popolo, come lo sposo attratto dall’amata, e il testo del profeta
Sofonia, che richiama alla gioia la “figlia di Sion”. Entrambe le letture sono
state rilette dalla Chiesa come figura di colei che sarà la madre del
Salvatore, la Vergine Maria. Nel breve ma intenso brano evangelico che abbiamo
ascoltato, s. Luca racconta l’incontro con Elisabetta, durante il quale c’è il
sussulto del Battista nel grembo della moglie di Zaccaria. Elisabetta proclama
poi Maria “beata” perché ha saputo offrire il proprio cuore senza riserve a
Dio. Maria è colei che non solo porta se stessa a Elisabetta, per aiutarla
durante l’ultima fase della gravidanza, ma porta soprattutto Cristo,
custodendolo come scrigno non solo nel suo ventre ma ancor più nel suo cuore.
Rivolgiamo alla madre
del Signore, chiedendole soccorso nei nostri momenti difficili: Ella ci saprà
condurre a Gesù perché lo porterà a noi, come ha fatto con Elisabetta.
Accogliere il Natale
significa guardare a chi ha saputo rispondere con fede ai doni di Dio.
La vicenda della prima
lettura riporta il ringraziamento di Anna, la madre di Samuele, che scioglie il
suo voto a Dio offrendo ciò che era richiesto secondo la tradizione ebraica.
Lei sa bene che il Signore le ha offerto di concepire e partorire per toglierle
la vergogna della sterilità, per questo può esercitare un diritto totale su di
lui, ma sa anche che tale diritto sarà un potere profetico che permetterà al
figlio di compiere opere grandi. Anna ringrazia Dio per il dono, e lo
riconsegna già nel nome, che significa “il suo nome è Dio”.
Il cantico di Anna, che
abbiamo ascoltato dopo la prima lettura, ha molta assonanza con il Magnificat,
oggi riportato nel testo evangelico. Scopo del cantico di ringraziamento è esaltare
l’azione di Dio nella storia del mondo, che abbassa i superbi, esalta gli
umili, rovescia i troni dai potenti, sfama coloro che hanno fame … un Dio che
non guarda alla ricchezza dell’uomo, ma alla sua povertà di cuore. Tutto ciò
che abbiamo ascoltato nel cantico lucano si è realizzato nella vita di Maria,
che ci lascia un esempio di accoglienza e di umiltà.
Rivolgiamo i nostri
cuori a Cristo e il nostro sguardo a Maria, chiedendole di rendere la nostra
esistenza un quotidiano cantico di ringraziamento per ciò che opera nella
nostra vita.
Nell’ante vigilia del
Natale, la Parola di Dio ci richiama al valore della purificazione del cuore.
Nella prima lettura, il
profeta Malachia (il cui nome significa “messaggero”) parla di un inviato che
anzitutto purificherà i figli di Levi, coloro cioè che si dedicano alla
preghiera (quindi tutti noi), poi richiamerà il suo popolo a prepararsi al
giorno del Signore, perché ogni cuore si converta all’amore reciproco, nel
riferimento dei padri verso i figli.
Questo messaggero,
annunziato dai profeti, è il figlio di Zaccaria ed Elisabetta, partorito
secondo la promessa di Colui a cui nulla è impossibile. Nel momento della
circoncisione, che nel popolo ebraico significa anche l’imposizione del nome, i
parenti e i gli amici desiderano il nome del padre per rispettare la
tradizione, ma Elisabetta si oppone e stavolta trova non l’incredulità ma la
fede di Zaccaria, che scioglierà la lingua in un cantico di lode così
significativo da essere pregato nella liturgia delle ore mattutina di tutta la
Chiesa. Il Signore non lascia Zaccaria muto per sempre, gli concede un’altra
possibilità, e il padre del Battista risponde prontamente e accoglie anche nel
suo cuore, oltre che nella propria discendenza, questo dono inaspettato di Dio.
La vicenda della
circoncisione di Giovanni Battista illumina i nostri cuori nel prepararci al
Natale, confidando nel Signore che ci chiede di non essere radicati nelle
nostre tradizioni ma di accoglierlo totalmente nell’intimo dei nostri cuori.
La vigilia di Natale ci
fa meditare sul significato della dimora che Dio pone in mezzo a noi.
Nella prima lettura,
scorgiamo il desiderio del re Davide che, mosso da buoni propositi, vuole
costruire una dimora maestosa al Dio di Israele. Il Signore però gli fa
comprendere, tramite il profeta Natan, che non può essere rinchiuso da noi, per
quanto sia bella la dimora che il re vuol costruire. Questo concetto del tempio, che pure avrà
molta risonanza nella tradizione biblica, viene stravolto dall’odierno brano
evangelico, il Benedictus, che non
loda solo Dio per la nascita del Battista, ma lo ringrazia perché suo figlio
avrà il compito e l’onore di preparare la strada al Signore, venuto a salvarci
non con la maestosità di un tempio ma con l’immagine del sole che sorge, per
guidare, accompagnare e sostenere la nostra vita e il nostro cammino sulla via
che porta a Dio, quella della pace.
Accogliere il Natale
sarà quindi partecipare alla messa, guardare il presepe e magari l’albero,
ritrovarsi in famiglia … Dio ci chiede di farlo con lo spirito giusto, nella
pace.