Nembrini e il suo Miguel Mañara, sei incontri on line
Siviglia, anno 1656. Don Miguel Mañara è un giovane nobile spagnolo, noto in tutta la città per essere un grande seduttore. Ma è profondamento insoddisfatto. Incontrando una giovane donna scopre cosa gli manca davvero: una sposa. Per Miguel inizia così una nuova vita, ma poco dopo le nozze sua moglie Girolama muore. L’esperienza del dolore costringe ancora una volta il giovane a guardare in fondo al suo cuore: deciderà di farsi frate e morirà in odore di santità. La storia del nobile spagnolo è stata ripresa dal drammaturgo lituano Oscar Vadislas de Lubicz Milosz nel 1912, ed è ispirata alla vita di un religioso spagnolo realmente esistito e vissuto nel Seicento. A presentarla ai fedeli è Franco Nembrini – che al testo di Milosz ha dedicato anche un libro edito da Centocanti – in sei incontri on line, trasmessi in streaming dal 20 febbraio e nei sabati di Quaresima fino al 27 marzo. A presentare e accompagnare Nembrini don Fabio Rosini, direttore del Servizio diocesano per le vocazioni, e don Andrea Lonardo, direttore dell’Ufficio diocesano per la cultura e l’università, che definiscono l’iniziativa «un dono per la Quaresima».
Insegnante di italiano, tra i fondatori della scuola “La Traccia” di Calcinate (Bg), Nembrini è stato presidente della Federazione opere educative della Compagnia delle Opere e membro della Consulta nazionale di pastorale scolastica della Cei; dal 2018 è membro del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita. Alla storia di conversione del nobile spagnolo avrebbe dovuto dedicare alcuni incontri nella basilica di San Giovanni in Laterano già nella Quaresima dello scorso anno, che furono però annullati a causa dell’emergenza sanitaria. «Neanche a farlo apposta la vicenda è ambientata proprio nel periodo quaresimale – riflette –, comincia con la grande confessione che possiamo identificare liturgicamente con la celebrazione delle ceneri e propone un cammino di conversione, cioè di riappropriazione dell’umano che culmina con la gloria della Resurrezione, ovvero con il miracolo della guarigione del paralitico».
Nembrini racconta del suo primo incontro con il testo di Milosz, quando era adolescente. «A me questo libro è stato messo in mano quando, all’età di 17 anni, ho incontrato don Luigi Giussani e ho ritrovato la fede – ricorda –. È stato il libro della mia vita, mi ha accompagnato nel definirsi della mia vocazione, ha risposto alle mie domande più profonde e più vere circa la natura dell’amore, il significato del matrimonio, il valore dell’amicizia, il mistero del dolore. Per la sua semplicità e la sua radicalità si presta in modo clamoroso a interpretare la domanda di senso di un’intera generazione e la possibilità di una risposta positiva alla domanda se la vita sia un bene e se sia ancora possibile amare». (Fonte: Diocesi di Roma)