Enzo Bianchi: atto II (e ultimo?)
Ancora non si è risolta la diatriba tra Enzo Bianchi e la sua creatura (la Comunità di Bose). L'intervento del Vaticano che ha mandato dei Delegati Pontifici per dipanare la matassa, ha portato alla decisione di allontanare il fondatore da Bose, cosa che non è ancora avvenuta nei termini previsti. Cencini, il principale Delegato, ha così dato un ultimatum ad Enzo Bianchi che dovrebbe scadere domani e ha diffuso il comunicato di "espulsione" nella Comunità di Cellole di San Gimignano con alcuni suoi fedelissimi, togliendo alla casa ogni riferimento a Bose. Questo è il comunicato della Comunità sulla decisione presa: "Chiudere una fraternità per chiudere con Bianchi"
Enzo Bianchi, nel frattempo, ha scritto su twitter questi messaggi rancorosi:
L’esercizio del silenzio è per tutti noi difficile e faticoso, ma viene l’ora nella quale la verità grida proprio con il silenzio: anche Gesù, secondo i vangeli, ha taciuto davanti ad Erode, e non si è degnato di dargli una risposta. Dunque silenzio sì, assenso alla menzogna no! (13 febbraio)
Quando uno inizia a mentire deve poi sempre mentire perché la menzogna é una architettura: ma se crolla un mattone tutto crolla e se si continua a costruire con la menzogna si prepara una rovina grande, grandissima! (10 febbraio)
Sii sempre una persona libera e dunque non mendicare mai la libertà ma affermala, non dipendere da ciò che gli altri dicono di te ma ascolta la voce della tua coscienza, non cercare di essere applaudito ma di essere affidabile per la tua coerenza tra il tuo dire e il tuo vivere. (6 febbraio)
Avvenire ricostruisce così la vicenda:
Nuovo, triste capitolo nel caso Bose. Un decreto del delegato pontificio, padre Amedeo Cencini, concede all’ex priore, fratel Enzo Bianchi, una settimana di tempo per lasciare la comunità nel Biellese e trasferirsi a Cellole di San Gimignano, provincia di Siena e diocesi di Volterra, in un’antica canonica trasformata alcuni anni fa nella sede toscana della stessa Bose. Ma, per rispettare il precedente decreto pontificio che imponeva il trasferimento all’esterno della comunità, Cellole perde qualsiasi connotazione monastica, viene ceduta in comodato a Enzo Bianchi che sarà accompagnato da tre o quattro confratelli. Continueranno a essere considerati monaci ma “extra domum”. Un provvedimento disciplinare pesante ma, ritiene la Segreteria di Stato Vaticana, purtroppo inevitabile, visto quanto verificatosi all’interno della comunità, con una spaccatura difficilmente ricomponibile tra il fondatore, sostenuto da un gruppetto di fedelissimi, e gli altri ottanta monaci da cui era partito il grido d’aiuto rivolto proprio alla Santa Sede.
I tentativi di ricomporre in via informale le incomprensioni che si erano create tra il fondatore di Bose, il nuovo priore Luciano Manicardi e il resto della comunità erano stati avviati già da un paio d’anni. Poi, di fronte agli esiti poco efficaci di questi inviti al dialogo, la decisione di un passo formale, per imprimere una svolta a una stagnazione rischiosa per tutti. Così tra il 6 dicembre 2019 e il 6 gennaio 2020 i visitatori apostolici – la delegazione vaticana era formata dall’abate Guillermo Leon Arboleda Tamayo, da suor M.Anne Emmanuelle Devéche, abbadessa di Blauvac e dallo stesso padre Cencini – hanno ascoltato a lungo, spesso per intere giornate, il fondatore, il nuovo priore e tutti i membri della comunità. Sulla base della loro relazione, la Santa Sede ha emanato il primo decreto che, lo scorso 13 maggio, ha deciso l’allontanamento di Enzo Bianchi e, quello temporaneo, di altri tre confratelli. Una decisione accolta dell’ex priore con profonda sofferenza. “Siamo disposti, nel pentimento, a chiedere e a dare misericordia”, aveva dichiarato in un comunicato, dicendosi disposto a valutare la situazione e trovare un accordo.
Invece, a distanza di otto mesi, nulla è cambiato. Bianchi continua a risiedere nel suo eremo personale all’interno di Bose, senza però intrattenere rapporti con il resto della comunità, in cui si respira un clima di frustrazione, di sconcerto, di delusione. Anche il recente capitolo non è servito a rasserenare i rapporti. Ma cos’è capitato in realtà a Bose? Il decreto emanato nelle scorse settimane dal delegato pontificio, parla di “gravi motivi comunicati ai diretti interessati in via riservata”. Lo scorso anno, a un mese circa dalla prima decisione di allontanamento, la comunità stessa aveva diffuso un comunicato in cui si spiegava: «Crediamo che la risposta non la si possa trovare nell’attribuire colpe e responsabilità agli uni o agli altri, bensì nella lucida constatazione che “non siamo migliori” e che il Divisore non ci ha risparmiato e noi non abbiamo saputo fronteggiarlo con sufficiente fede, speranza e carità». Le conseguenze di questa situazione – si leggeva ancora nel documento – erano ben note a coloro che in questi anni hanno frequentato Bose e hanno fatto esperienza di come l’unità fosse «seriamente compromessa, vedendo la profonda sofferenza quotidiana, lo sconforto e la demotivazione suscitati in molti fratelli e sorelle».
Ora cosa succederà se la prossima settimana Enzo Bianchi si rifiuterà di ottemperare anche questa nuova disposizione? Potrebbero davvero essergli imposte le dimissioni dallo stato di vita monastica con decisione inappellabile del Papa? Sarebbe davvero spiacevole se si arrivasse a questa decisione estrema, peraltro prevista dal Codice di diritto canonico. In gioco, questo appare ormai chiaro a tutti, c’è il futuro stesso della comunità fondata con lucida profezia 55 anni fa dallo stesso Enzo Bianchi. In questi ultimi anni però la situazione si è guastata, i rapporti si sono fatti tanto difficili e complessi da causare sofferenze profonde specie nei confratelli più giovani, si sono verificati gravi fatti che hanno costretto la Santa Sede ad intervenire su richiesta della stessa comunità. Talvolta, anche per dare speranze di futuro alle profezie servono svolte coraggiose.
Vedi anche:
- Caso Bose, la verità sul perché Enzo Bianchi deve lasciare la comunità (Il Riformista)