Il caso di Mons. Becciu, cardinale "dimissionato"
Il laconico e irrituale comunicato stampa diradato nella serata del 24 settembre diceva:
Oggi, giovedì 24 settembre, il Santo Padre ha accettato la rinuncia dalla carica di Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi e dai diritti connessi al Cardinalato, presentata da Sua Eminenza il Cardinale Giovanni Angelo Becciu.
Tanti sono i commenti scritti per cercare di comprendere cosa è avvenuto. Vedi:
- Famiglia Cristiana: BECCIU E L'OPERAZIONE PULIZIA DI PAPA FRANCESCO (ne propongo la conclusione):
Il cardinale intrattiene cruciali rapporti con la politica italiana, gira il mondo per le beatificazioni e le canonizzazioni. Rimane influente, i giornali lo descrivono come «il cardinale italiano». Nel 2018 era stato lo stesso Francesco che lo crea cardinale: ora gli ha tolto i diritti che alla berretta porpora sono legati. C’è chi non cela soddisfazione. «Il Santo Padre è stato eletto per pulire le finanze vaticane. La partita è lunga e bisogna ringraziarlo e fargli le congratulazioni per gli ultimi sviluppi», commenta dall’Australia il cardinale George Pell. A inizio pontificato fu nominato da Jorge Mario Bergoglio prefetto della Segreteria vaticana per l'Economia (2014-2019), ma nel 2017, con il beneplacito del Papa, tornò in patria per difendersi in tribunale dalle accuse. Condannato in primo grado, incarcerato per 400 giorni, è stato scagionato dall'Alta corte australiana alla fine dell'anno scorso per la sua comprovata innocenza. Durante il suo periodo in Vaticano i suoi programmi di riforma delle finanze vaticane e i suoi modi bruschi gli procurarono non pochi attriti con altri uffici di Curia, e in particolare con la Segreteria di Stato.Adesso al posto del cardinale Pell siede il gesuita spagnolo Juan Antonio Guerrero. E’ stato lui a promuovere il nuovo codice degli appalti vaticano, approvato la scorsa primavera dal Papa. Un testo di legge che combatte «le frodi, il clientelismo e la corruzione e per prevenire, individuare e risolvere in modo efficace i conflitti di interesse insorti nello svolgimento delle procedure in modo da evitare qualsiasi distorsione della concorrenza e garantire la trasparenza e la parità di trattamento». Tra i motivi di incompatibilità all’iscrizione nell’Elenco dei dipendenti e degli incaricati professionali temporanei, per dire, c’è il fatto di essere «parente fino al quarto grado o affine fino al secondo grado di un soggetto riferibile ad un operatore economico che abbia presentato offerta». Una linea di rigore che previene il rischio di una certa vischiosità negli affari attorno al Vaticano, e che ha già portato il Papa, nei mesi scorsi, a commissariare la Fabbrica di San Pietro per presunti appalti irregolari nel restauro del Cupolone. Una intransigenza che rispecchia l’intenzione del papa argentino di passare al setaccio gli uffici vaticani per estirpare una volta per tutte il malaffare. Nella convinzione, come ha scandito più di una volta, che «il popolo di Dio perdona a un sacerdote una caduta affettiva o se beve troppo, ma non se cede al potere e alla ricchezza».
- CORRIERE DELLA SERA:
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- AVVENIRE:
- DOMANI:
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di Alberto Melloni
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Mai. Mai un prefetto aveva dovuto dare le dimissioni dal proprio dicastero come è accaduto ieri, quando Angelo Becciu ha riconsegnato al papa la guida della congregazione delle cause dei santi e (come dice uno sgrammaticato comunicato vaticano) i “diritti” della sua porpora. Atto maturato per le vie brevi, ritenuto inevitabile, alla vigilia della pubblicazione di carte relative alla gestione di quattrini che le solite talpe hanno passato a l’Espresso: da esse emergerebbe che dopo una serie di operazioni immobiliari e finanziarie in Angola e a Londra, Becciu avrebbe girato ai congiunti di fondi e favori.
Atto, però, che come dicevo non ha mai avuto precedenti. Perché la rinuncia al cardinalato di Louis Billot, che restituì la berretta al papa al termine di un furibondo litigio aveva un’altra origine ... Quando a giugno del 2018 Francesco ha tolto Theodor McCarrick – quello che da arcivescovo di Washington disse che dare la comunione al candidato democratico John Kerry “era un problema” – sia la porpora che la dignità episcopale i motivi erano altri ...
Becciu no. Non è mai stato il difensore di correnti reazionarie: se mai ha cercato aprendo la porta di casa a Giancarlo Giorgetti di trovare la “parte buona” del sovranismo salviniano, come se ci fosse. Non è mai stato un uomo di vizi: e se mai ha praticato quella ascetica del potere che è un po’ tipica dell’ufficio del Sostituto – il ruolo ricoperto prima di lui da Montini, Silvestrini, Filoni – l’uomo cioè che regola molto dell’accesso al papa, i rapporti col governo, e gli affari politici in un rapporto di strutturale concorrenza col Segretario di stato.
Gli affari contestati
È invece emerso da quasi due anni che quell’ufficio, che investiva alcuni cespiti vaticani si era imbarcato in manovre spericolate perlomeno nella scelta come di partners di finanzieri sui cui quali proprio Becciu era stato messo in guardia. ...
Guardie, ladri e mandanti
Le indagini non diranno cosa c’è di vero e cosa c’è di falso nelle accuse contro Becciu, di cui vedremo le foto con gli occhiali scuri, per dare a questo diplomatico focolarino meno scafato del previsto un look truce. Ma il fatto che nel pasticcio dell’immobile di Londra abbia inciampato anche monsignor Peña Parra – il successore di Becciu – deve far però capire che la questione non è una partita a guardie e ladri in talare e mozzetta, aiutati da un giornalismo incline a pubblicare dossier che hanno curatori, mandanti e fini precisi. È una pericolosissima faida (nella curia? fra movimenti? fra diplomatici?) nella quale tutti continueranno a portare al papa accuse caricati a pallettoni contro tutti, scommettendo che come in una roulette russa il decisionismo bergogliano darà corda ad atti di giustizia spicciativa. Gli impatti sul papa e sul papato sono pericolosi e non riguardano l’abusata categoria dei “nemici” del papa. Che papa Francesco abbia dei nemici è scontato. Che fra questi ci siano personaggi come Mike Pompeo, che, come dimostra la preparazione e l’agenda della sua visita a Roma, rivendica il diritto di scegliere il pezzo di chiesa da lodare, il pezzo di chiesa da bastonare e il pezzo di chiesa da ricattare, è meno scontato, ma in fondo non decisivo. Perché la forza di Francesco non è nel gestire diplomaticamente tutto ciò – cosa a cui pensa il cardinale Parolin: ma riposa nella sua personale e profonda fisionomia evangelica. Essa non impedisce al papa errori di governo, passi falsi e bruschezze: ma lo rende invulnerabile agli strali ostili diretti. Chi dunque vuole colpire Francesco o indebolirlo non ha che un’arma indiretta: farlo apparire come un puro, pio, spiritualissimo papa inetto. Capace di licenziare, di far saltare chiunque, ma certificato dal ripetersi di tali sanzioni come impotente davanti a bassezze morali che non è in grado di controllare: e dalle quali lo si assolve dandogli untuosamente del santo, del severo, dell’infuriato inconcludente. E dato che le meschinerie della chiesa di Roma, specie a Roma, sono innumerevoli, l’arma indiretta diventa inesauribile.
La pressione sul papa
Il papa dovrebbe essere difeso da questo tipo di diminuzione dalla comunione dei vescovi in primo luogo; e in secondo luogo da una curia in cui, però, avendo lui per primo fatto saltare meccanismi istituzionali derubricati a usanze di “corte”, tutto si contorce e solo chi gli segnala storture rimediare fa davvero il suo dovere di aiutarlo. lo protegge, e sono pochi.
E dunque egli si trova esposto ad una pressione che diventerà fortissima quando dovesse mancare Benedetto XVI, chiedendo, ancora una volta in nome dei problemi strutturali irrisolti, una rinuncia che trasformerebbe la libertà di dimettersi di ogni pastore in una legge non scritta per la chiesa di Roma. E preparare la prosecuzione di un papato non italiano. ...