Provo spesso piena sintonia con le riflessioni di fr. Enzo Bianchi, come in questo articolo pubblicato da Jesus (giugno 2017):
La Chiesa è quel grembo che genera cristiani, trasmette la fede e incarna la fraternità dei credenti. solo cosciente di ciò, il cristiano può criticarla.
Parlare oggi della Chiesa è faticoso e difficile perché la Chiesa non gode di buona reputazione e ogni sua apologia appare irricevibile, non solo dai non cristiani, ma anche da molti cattolici. Se papa Benedetto XVI era giunto a dire che la Chiesa è diventata uno dei più grandi ostacoli alla diffusione della fede, ora sono molti – anche a causa delle ripetute vicende scandalose, enfatizzate dai media – a giudicarla istituzione lontana dal Vangelo. Lo stesso papa Francesco richiama costantemente le varie componenti della Chiesa – vescovi e presbiteri inclusi – a una maggiore coerenza con l’insegnamento evangelico e l’esempio lasciato da Gesù.
Ma proprio gli ammonimenti che giungono dal successore di Pietro ci ricordano che per un cristiano la Chiesa non può essere ridotta a un’istituzione, né può essere giudicata semplicemente nella sua realtà peccatrice. La Chiesa è e deve essere sentita dal credente come una madre, perché così Gesù la affidò al discepolo amato sotto la croce; a sua volta la Chiesa deve sentire i discepoli di Gesù come suoi figli, perché è madre e non matrigna dei cristiani. Ora, di una madre i figli maturi sanno indirizzarle una lode e leggerne anche i limiti, ma sempre nell’amore: se un figlio deve criticare sua madre, lo deve fare riconoscendole con gratitudine questa innegabile identità materna.
Le critiche alla Chiesa possono essere molte, ma ci sono anche ragioni per riconoscerle doni e positività. Essa è quel grembo che genera cristiani. Senza la sua presenza nei secoli, nessuno di noi oggi tenterebbe di essere un discepolo di Gesù, nessuno leggerebbe il Vangelo come parola di Dio che salva. È stata la Chiesa nata dalla Pentecoste a confessare che Gesù è Signore, a “produrre” le Scritture del Nuovo Testamento, a donarci i quattro Vangeli. È la Chiesa che, di generazione in generazione, trasmette la fede; è lei che incarna la fraternità dei credenti; è lei lo spazio nel quale i cristiani si nutrono del corpo di Cristo e vivono il perdono dei peccati; è lei che accompagna i cristiani, pellegrini verso il Regno. Ma, soprattutto, la Chiesa è la comunità dei piccoli, dei poveri che sperano solo nel Signore e che cercano di essere conformi alla vita umana del loro Signore Gesù.
Per queste ragioni va riconosciuta e amata come «Chiesa una, santa, cattolica e apostolica» nonostante oggi sia divisa in molte Chiese che a volte faticano a riconoscersi in una comunione innegabile e insostituibile: quella dell’unico Battesimo. Più volte ho usato l’immagine della brace del Vangelo coperta dalle ceneri del camino, che hanno la funzione di conservare il fuoco. Ora, la Chiesa a volte è questa cenere che, appena è raggiunta dal soffio dello Spirito, lascia divampare nuovamente il fuoco. Se è sentita così, allora il cristiano potrà criticarla e richiamarla profeticamente alla sua identità, voluta per lei dal suo Signore e Maestro: sposa bella, pronta per la venuta dello Sposo.
Oggi, in tutte le Chiese, abbiamo cristiani che non solo non amano la Chiesa, ma non sanno neppure che esiste: cristiani senza madre, orfani che magari contestano chi, avendo passione per la Chiesa, osa con amore denunciarne le contraddizioni alla volontà del suo Signore. Non dimentico un episodio di cui un giorno sono stato testimone: un cardinale, in vacanza in montagna, incontrò don Michele Do, un parroco profetico e santo, scomodo per la sua parresia. Il presule lo apostrofò: «Ah, tu sei come don Mazzolari: uno di quelli che non ama la Chiesa e la critica!». A don Michele si illuminarono gli occhi azzurri e con il dito alzato verso il cardinale rispose: «A lei, eminenza, non permetto di dire così! Lei della Chiesa ha solo beneficiato, con la carriera ecclesiastica e gli onori. Noi abbiamo sofferto da parte della Chiesa, perché la amiamo troppo!».